La capacità di amare deriva da come in passato siamo stati amati, ma anche dalle persone che oggi amiamo.
Cresciamo con una visione idilliaca dell'amore. Da bambini siamo dipendenti ed egocentrici, per cui pensiamo che la persona amata, in primis il nostro genitore, sarà colui o colei soddisferà tutti i nostri bisogni. Tuttavia impariamo che non sempre la madre e il padre sono disponibili come vorremmo. Crescendo, continuiamo comunque a desiderare quel contatto, quella presenza e dedizione quasi totale, in particolare quando siamo innamorati, tendiamo ad "idealizzare" il nostro partner.
In psicologia quando si parlar dell'amore, si parla anche dell'odio e dei sentimenti di ostilità e rabbia (J. Viorst). L'odio è un sentimento che ci fa sentire a disagio, può essere incontrollabile ed eccessivo, viene perciò spesso paragonato ad un veleno, fuggito, negato. Freud ci ricorda che in tutte le relazioni affettive coesiste una parte di ostilità.
Quando il partner non è presente o ci delude, ad esempio se è in ritardo e ci fa aspettare un'ora sotto la pioggia, possiamo provare sentimenti ostili (Ad esempio pensare "Lo ammazzo!" Anche se ovviamente non abbiamo l'intenzione di farlo). Se l'episodio si ripete ed è frequente, oltre alla rabbia possiamo sperimentare anche tristezza e delusione pensando di non valere molto per lui. Questo è solo un piccolo esempio di come da un lato possiamo non sentirci presenti nella mente dell'altra persona e rispettati.
Quanto più frequentemente da piccoli abbiamo sofferto di queste carenze da parte dei nostri genitori, senza la possibilità di parlarne e non sono state comprese le nostre emozioni, tanto più intensi possono essere i sentimenti che sperimentiamo nel qui ed ora.
Anche le madri più amorevoli sperimentano talvolta sentimenti di odio nei confronti dei figli e di se stesse (D. Winnicott), senza per questo essere delle "cattive madri". C'è tutto un insieme di situazioni presenti e passate che favoriscono o complicano il vissuto di maternità ("costellazione materna" Stern). Tuttavia spesso una madre non parla di questi vissuti per il timore di essere giudicata, sentendosi inadeguata e sola.
In generale la negazione della rabbia e dell'odio da parte del contesto familiare e culturale di appartenenza, ci portano a pensare di essere dei mostri o delle cattive persone quando li proviamo. Nei bambini ciò accade quando vengono sgridati, senza la possibilità di comprendere la loro emozione, ad esempio un figlio potrebbe pensare "Se i miei genitori mi hanno detto che non hanno mai provato queste orribili emozioni, che tipo di mostro sono io a provarle?".
I sentimenti ostili non vanno perciò censurati o giudicati, ma compresi ed elaborati per trovare la via per esprimerli in modo funzionale.
L'aggressività da un lato è una reazione di sopravvivenza, dall'altro risponde ai nostri bisogni affettivi primari e di autoaffermazione. Si attiva quando ci sentiamo in pericolo, feriti o non capiti oppure di fronte all'abbandono o alla sua minaccia. L'aggressività diventa odio o violenza, quando viene a lungo subita, soffocata, covata o repressa e suscita un vissuto di impotenza. Diventa odio, quando oltre a ciò manca il contatto affettivo primario.
Oltre al sentirsi amati "Il bisogno di ogni essere umano è quello di affermare se stesso e incrementare se stesso" questa forza agli estremi "ci porta ad avere rapporti violenti, ma se ripudiata del tutto ci può lasciare apatici ed inermi. Se invece viene integrata all'interno del nostro Sè può vitalizzare tutte le nostre esperienze" (R. May).
Questa forza può essere incanalata in esperienze positive, vitali per noi stessi e per gli altri. Come ci ricorda E. Fromm la capacità di amare non è solo quella di sentirci amati, ma soprattutto si alimenta nel provare amore.
A volte alcune persone che incontriamo suscitano in noi questo desiderio ma anche, allo stesso tempo, sentimenti opposti. Un percorso psicologico potrebbe essere d'aiuto nel momento in cui questa dinamica crea sofferenza. Come descritto nella famosa poesia:
"Ti odio e ti amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so ma sento che ciò accade e ne sono tormentato" (Catullo).