Uno psicologo, come gli altri professionisti va in ferie.
Una terapia ben avviata continua, comunque, anche durante queste pause. Alcuni pazienti potrebbero vivere questi periodi con un senso di autonomia, mentre altri con un vissuto di abbandono o semplicemente sentendo la mancanza della routine settimanale/quindicinale rassicurante.
Questi vissuti "fisiologici" possono venir sperimentati differentemente in base alla storia personale dei pazienti ed alla fase del percorso di consulenza o psicoterapia in cui ci si trova.
Possono essere argomento di confronto con il proprio terapeuta ed un'importante occasione di approfondimento.
Con ciascun paziente o famiglia che si affida, attraverso un tempo di conoscenza e fiducia, si instaura un legame particolare e unico, ben descritto nel libro "Il Piccolo Principe" fatto di sentimenti e "risonanze affettive". Ovvero di sentimenti sia piacevoli che spiacevoli di cui lo psicologo diventa talvolta un "contenitore", aiuta ad attraversarli, a trasformarli o semplicemente a condividerne e sostenerne il peso (in base alla situazione specifica).
Ci sono delle tecniche utili al raggiungimento di questi obiettivi e delle regole previste dall'approccio professionale le quali definiscono "il setting" (gli orari, la frequenza, l'uso del lei con gli adulti...) che talvolta potrebbero far sembrare lo psicologo inizialmente un pò "distaccato" o "schematico". Tuttavia servono a garantire che possa svolgere il suo lavoro, fungendo da "base sicura" a cui far riferimento, senza diventare un familiare, un amico o un semplice confidente.
Il lavoro di psicologo è un lavoro speciale, l'ho sempre pensato prima di intraprenderlo e ancora di più nel momento in cui ho iniziato a svolgerlo.
Oggi penso a come stanno i miei pazienti, contenta di rincontrarli.